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Cavalcavia di Corso Grosseto, ormai è solo un ricordo

Da Sharon Zaffino

Dicembre 03, 2020

Corso Grosseto creazione

Cavalcavia di Corso Grosseto.

I terreni in cui si svolse l’assedio di Torino del 1706 ospitavano all’epoca molte cascine.

Questi edifici dell’area delle campagne torinesi, furono assediati e trasformati in depositi e roccheforti dell’esercito francese.

Quando l’assedio terminò, i torinesi si misero subito all’opera per ricostruire le cascine intaccate.

Attorno a molte di  esse,  il Duca Vittorio Amedeo II fece posizionare dei piloni votivi e la data 1706, in segno di ringraziamento.

Tra le cascine, v’era Cascina Gioia, che fonda le sue origini da un piccolo fabbricato del XVI secolo successivamente elevato a grangia.

Coinvolta nell’assedio, fu demolita in seguito, nella seconda metà del XX secolo, per dare spazio a quel che ora è Corso Grosseto.

Cavalcavia di Corso Grosseto

Cavalcavia di Corso Grosseto, la storia

Negli anni settanta, questa particolare zona del capoluogo piemontese era un ingorgo unico.

Basti pensare che qui si incrociano: via Stampini, via Stradella, via Venaria, via Borgaro, Strada Lanzo e i corsi Lombardia, Potenza e Grosseto.

E così nel 1971, per salvare dal traffico le vetture, di molto inferiori numericamente a quelle di oggi, la Giunta Comunale approvò l’edificazione di una sopravvia.

Nella seconda metà del 900, l’idea di costruire un tunnel per arginare il traffico, era stata subito soppiantata da quella di costruire un sovrapassaggio.

Forse, con un tunnel i cittadini, avrebbero risparmiato tempo e molti soldi. E infatti, dopo il sì del Comune al cavalcavia, vennero stanziati 1.3 miliardi, ma i problemi legati al traffico non terminarono.

Demolizione Cavalcavia Corso Grosseto

Il cavalcavia del cavalcavia

La ferrovia di Torino-Ceres, con la creazione del nuovo cavalcavia, sarebbe stata superata in fretta e, con lei, l’ingorgo di auto sottostanti.

Sorse però un problema. Palazzo Civico aveva commissionato degli studi che esplicavano l’andamento del traffico, non solo in una, ma in due direzioni.

Quella orizzontale, percorrendo Corso Grosseto, e quella verticale, su Corso Potenza.

Il Cavalcavia di Corso Grosseto venne così innalzato, fino al settimo piano degli edifici circostanti, per scavalcare il passaggio del ramo proveniente da Corso Potenza.

Nulla di tremendo, rispetto al progetto iniziale che, non prevedeva due, ma ben quattro rami.

Oltre a quello di corso Grosseto e Potenza, era contemplato un ramo che avrebbe portato gli automobilisti in via Borgaro e l’altro in via Stampini.

I progetto fu frenato solo per alcune difficoltà nella creazione di rampe a nord e sud dell’incrocio.

E così, se pur ostacolato, il progetto venne inaugurato il 22 aprile 1972.

Cavalcavia corso Grosseto vista dal satellite

Cavalcavia di Corso Grosseto, ormai un ricordo

Dopo quarantacinque anni di vita, nel 2017, il Cavalcavia di Corso Grosseto è stato incluso tra le scommesse di riqualificazione urbana, volute dal Comune di Torino.

Il progetto prevedeva l’abbattimento del cavalcavia e la deviazione della stazione Torino-Ceres, da via Stradella alla nuova stazione Grosseto.

L’abbattimento del gigantesco ponte si è concluso di recente; i lavori sono durati ben due anni.

Nella seconda metà del 2019, le ruspe hanno finito di smantellare quel che restava del cavalcavia, che negli ultimi anni era diventato famoso per la caduta di calcinacci.

L’opera dovrebbe, stando al progetto iniziale, essere conclusa entro la fine di quest’anno.

Le speranze dei cittadini

Tra i desideri di cittadini, v’è quello di non replicare quello che è stato per Piazza Baldissera.

In questa zona di Torino, l’abbattimento del cavalcavia, ha portato solo a problemi maggiori.

Al posto della sopravvia, fu creata una maxi rotonda, che ha avuto il solo risultato di formare un ampio girone infernale, nel pieno centro città, che costituisce oggi un ingorgo-permanente.

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Sharon Zaffino

Sharon Zaffino, laureata in Lettere Moderne all' Università degli Studi di Milano e laureanda magistrale in Scienze e Tecniche della Comunicazione all'Unità degli Studi dell'Insubria.