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Quando Garibaldi incontrò il re. A Teano? No.

Da Alessandro Maldera

Ottobre 27, 2014

Quando Garibaldi incontrò il re. A Teano? No.

26 ottobre 1860: quando Garibaldi incontrò il re. A Teano? No.

Il 26 ottobre di più di 160 anni fa avvenne l’incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, ricordato come l’incontro di Teano.

L’incontro passò alla storia perché fu il momento in cui Garibaldi consegnò “ufficialmente” il regno delle due Sicilie al re.

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Un gesto che di fatto spianò la strada a quell’unificazione che pochi mesi dopo sarebbe stata ufficializzata, ma anche perché in realtà non si tenne a Teano.

Di fatto, il re e il condottiero passarono per Teano, ma la parte “ufficiale” dell’incontro si tenne a Taverna Catena, zona di caccia dei Borbone

Così chiamata perché la strada d’accesso veniva chiusa da una catena in modo da impedire l’accesso a chiunque altro durante le battute dei reali.

Quando Garibaldi incontrò il re. A Teano? No.

Al di là del “fattariello” legato alla località, l’incontro di Teano è caratterizzato da diversi aspetti, alcuni più conosciuti, altri meno.

Di conosciuto, ad esempio, c’è il fatto che Garibaldi, come detto, consegnò il regno delle due Sicilie.

C’è il fatto che il re si affrettò ad incontrare Garibaldi per evitare che i mille (che in realtà al momento dell’incontro erano circa 35.000) arrivassero alle soglie del regno pontificio creando le premesse per un intervento dell’esercito francese e l’incrinarsi di quanto stabilito appena 2 anni prima a Plombières.

Meno noti sono invece altri aspetti dell’incontro

Ad esempio, Teano fu solo uno degli incontri dove si dovette “fermare” Garibaldi: il secondo momento fu quello (altrettanto noto, e spesso erroneamente associato al primo) della Bezzecca, reso noto da telegramma “obbedisco!”.

In entrambi casi fu la ragione di Stato a prevalere sulla forza ed il carisma del condottiero.

Quando Garibaldi incontrò il re. A Teano? No.

Altrettanto poco noto è il fatto che Teano (o Taverna Catena) rappresentò una sconfitta per il progetto “popolare” che la spedizione dei Mille aveva assunto.

Ovvero unire sotto un’impostazione mazziniana i territori italiani (cosa ovviamente non molto gradita a Cavour), ma rappresentò in compenso la salvezza per molte camicie rosse, arruolate nel regio esercito.

Il rischio dell’alternativa era di fatto passare per fuorilegge, o banditi, con le conseguenze del caso.

Teano, in ultimo, rappresenta per gli anti-unitari (dopo più di 160 anni ancora attivi, anche se sotto bandiere differenti) un momento storico infausto.

Il progetto unitarista difatti aveva (secondo quanto riportato dalle teorie da loro sostenute) basi primariamente economiche, e solo in seconda battute politiche.

Le casse del Regno erano, di fatti. molto provate, mentre le casse del Banco di Napoli erano floride.

E se un’unione “tradizionale” sarebbe stata costosa e molto probabilmente votata all’insuccesso, un movimento “popolare” avrebbe avuto molta più possibilità di riuscita, offrendo peraltro una facile via d’uscita in caso di insuccesso.

Con i mille risvolti che a più di 150 anni di distanza lo caratterizzano, l’incontro rimane comunque l’embrione di quell’Italia che, a partire da meno di un anno dopo, sarebbe divenuta la nostra patria.

V.

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende