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L’anno dell’arancia meccanica

Da Alessandro Maldera

Novembre 23, 2012

26 novembre  1985. Strada della Viola 137.

Era già buio pesto da un’ora.

Una fredda nebbia avvolgeva l’alta collina di Torino, vicino al Parco della Rimembranza, al Colle della Maddalena, sotto il grande faro della Vittoria con l’epigrafe del poeta guerriero Gabriele D’Annunzio.

La villa bianca a due piani era isolata. Intorno alla casa si stendevano 1.500 metri quadri di pini, alberi da frutto, prati. La villa era di proprietà di Marzio Demo, dentista, a quell’ora al lavoro nel suo studio in città.

Il Basset Hound in giardino cominciò ad abbaiare prima nervoso e poi spaventato, sempre più forte.

Nella villa la signora Teresa MOLASCHI si alzò dal divano della sala.

Cosa stava succedendo?  C’era qualcuno?

In cucina la colf costaricana Trininad stava stirando camicie. Rumori da fuori. Delle ombre si intravedevano dalle porte finestre. Sì, c’era qualcuno. Marco, il figlio ventenne del dentista, si precipitò ad aprire cassetti in cerca del revolver del papà.

L’estrema difesa della signora Molaschi. La donna tentò disperata di sprangare la porta.

Troppo tardi. Una pistola Astra calibro 38 fece fuoco e spaccò il battente. Poi un calcio aprì il fortino ai barbari.  Grida,  urla nella sera della collina torinese.

Fu l’incubo che entrò per distruggere una famiglia.

Due uomini incappucciati di nero irruppero dentro il corridoio e il soggiorno.  ..secondi di caos.

L'anno dell'Arancia Meccanica
L’anno dell’Arancia Meccanica

I rapinatori non erano dotati di sangue freddo ma di istinto animale.  Videro il figlio precipitarsi verso di loro.Diedero di matto.

Spari, in rapida successione. L’arma dei banditi non era caricata con proiettili normali ma con pallottole a punta cava, chiamate “Dum-dum”, piccoli ordigni vietati agli eserciti di tutto il mondo dalla Convenzione dell’Aia del 1899.

I feroci Dum-dum hanno la peculiarità di perforare i corpi e poi di esplodere al loro interno, frammentandosi in tante piccole e crudeli schegge assassine. Le ferite da proiettili Dum-dum non si possono curare.

Cadde la Signora Teresa, cadde la cameriera Trinidad, dilaniate dai  proiettili bomba.

Marco reagì, premette il grilletto più volte.  Colpì due volte un bandito, al braccio e alla spalla. I delinquenti si diedero alla fuga.

La Uno TURBO , piccola bestia a quattro ruote capace di raggiunge i 200 km/h, schizzò via dal massacro.  La corsa durò poco.

Il capo della banda, che era stato ferito da Marco Demo, fu lasciato davanti al pronto soccorso dell’ospedale di Moncalieri.

Tempo pochi giorni e spifferò tutto. La banda della collina, conosciuta anche come “La banda dell’Arancia Meccanica” per via dell’efferatezza con cui si distingueva, era spacciata.

La banda dell’Arancia Meccanica era composta da giovani balordi diventati apprendisti gangster per amore dei soldi facili. Mario “Jerry” SELIS era il capo e forse il più violento.

Vito GERALDI  detto “John” ne era il braccio destro.

Aveva una piccola impresa di catramatura di terrazzi; pretesto per entrare in ville torinesi e osservare i cancelli, i cani da guardia, gli antifurti, i mobili, i gioielli, i padroni. Fabrizio Melchiorre, Nicola Gianturco e Vincenzo Cammonito costituivano la manovalanza, la soldataglia degli altri due capi che di volta in volta venivano arruolati a seconda delle necessità.

Anche Franco Gisi e Raffaele Del Re facevano parte della gang ma non parteciparono al massacro di Strada della Viola. Tentarono di rapinare per i fatti loro un supermercato ad Alpignano ma le cose andarono male. Un vigilantes fu più lesto e stese sull’asfalto del parcheggio Raffaele Del Re, crivellato.

Curriculum criminale breve e intensissimo quello della banda dell’Arancia Meccanica. La carriera incominciò il 7 ottobre 1984 con la rapina in un ristorante di Corso Lecce: incasso e portafogli dei clienti razziati. Poi birrerie, negozi, gioiellerie della prima cintura.

Erano cattivi.

I cani venivano avvelenati per liberarsi la strada. Gambizzarono una vittima che era nel panico. Misero gli occhi sulla collina di Torino.

La zona è da sempre signorile, ricca di ville eleganti dalle casseforti ben farcite. Molte di esse erano isolate e quindi facili prede.

Una volta stavano saccheggiando una bella casa.

C’era un merlo indiano che non la smetteva di fischiare, li disturbava.

Uno di loro lo tolse dalla gabbia, lo poggiò su un tavolo e con una scure lo decapitò. Fine dei fischi. Peggio fu quella volta che un signore era ostinato a non dargliela vinta, a non voler dirgli dove era nascosta la cassaforte.Presero di peso la figlia sedicenne.

Le strapparono i vestiti e la lasciarono nuda. La obbligarono a stare in piedi su un tavolo, davanti al padre. Mani schifose la molestarono e il papà, di fronte a quel palco terrificante, cedette subito.

Torino l notte dell'Arancia Meccanica
Torino l notte dell’Arancia Meccanica

In un anno di attività rubarono due miliardi di lire (somma notevolissima nel 1985), organizzarono e portarono a termine 40 assalti, terrorizzarono 100 vittime. Però rimasero dei balordi, non dei veri banditi. Avevano fame di denaro, certo, però erano afflitti da imbecillità. Spesso ignari dell’entità dei bottini multimilionari si affidavano a furbeschi ricettatori che gli passavano solo le briciole della torta, che veniva divorata da pesci più grandi, con più esperienza e pedigree.

Uno di loro aveva un bar in Via Garibaldi e ricettava con abilità la merce che scottava gettando solo qualche osso a quei cani bastardi di strada.

Dopo l’orrore di Strada della Viola 137 e di quella fredda sera di novembre di 27 anni fa per la banda conosciuta come dell’Arancia Meccanica, alla fine solo pallida e un po’ squallida imitazione provinciale dei drughi di Kubrick, il sole diventò a scacchi.

Federico Mosso

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende