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Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo

Da Alessandro Maldera

Aprile 06, 2012

La superstizione ha da sempre accompagnato gli sportivi di ogni disciplina e categoria nei loro trionfi e nelle loro sconfitte.

Dal calcio ai motori, dal basket al tennis, ogni atleta che si rispetti ha i suoi piccoli rituali ed i suoi oggetti portafortuna per scacciare il malocchio e vincere la competizione.

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Vi sono illustri esempi in tutti gli sport o quasi e persino i campioni più insospettabili celano qualche trucchetto “magico” che li ha accompagnati magari per anni. Celebre è l’esempio di Michael Jordan, quasi certamente il cestista più forte di tutti i tempi, che, per tutta la sua carriera, indossò sotto la divisa ufficiale dei Chicago Bulls i pantaloncini della sua università del Nord Carolina.

Famoso è ormai diventato anche il rituale pre-partita di LeBron James, composto da gesti ripetuti e studiati a tavolino, mentre Lou Carnesecca, fenomenale allenatore di squadre di college negli Stati Uniti, era noto per i suoi orrendi maglioni colorati, bersaglio dell’ironia della stampa.

Tutto iniziò quando in una partita di campionato indossò quasi per caso uno di questi maglioni, perché era raffreddato; la partita era decisiva per la stagione, la sua squadra vinse, e da allora i suoi giocatori lo obbligarono a sfoggiare maglioni dai colori sempre più improbabili ogni volta che scendeva in panchina.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo

Nel calcio i gesti scaramantici di giocatori ed allenatori si contano a centinaia: come non ricordarsi dell’acqua santa di Trapattoni al mondiale coreano (per altro sfortunatissimo!) o del bacio portafortuna del francese Blanc sulla pelata del portiere Barthez, prima di ogni incontro?

Adriano Galliani non si separa mai dalla sua cravatta gialla (lo stesso colore della cerata che il presidente del Livorno Aldo Spinelli non dimentica di indossare durante le partite) e l’A.D. del Milan ha tentato ancora qualche settimana fa di impedire ai suoi giocatori di entrare in campo contro l’Arsenal vestendo la terza maglia, quella nera; a sua detta, infatti, questa casacca non è per nulla fortunata, essendo già stata indossata in occasione delle sconfitte con Napoli e Lazio.

Il Milan, per la cronaca, si è qualificato al turno successivo, ma perdendo sonoramente 3 a 0.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo
Anche nel passato la scaramanzia la faceva da padrona e ne è testimone l’azzurro Gigi Riva.Egli doveva, e sottolineiamo doveva, giocare con il numero 11. Usò solo una volta il 9 per un match della Nazionale, il 27 marzo 1967, Italia – Portogallo. Crack.Gamba rotta.

Renzo Ulivieri non può scendere in panchina senza il suo cappotto preferito, anche durante la bella stagione, Zambrotta infila sempre per prima la scarpa sinistra e ricordiamo ai più giovani che persino i mondiali del 1982 furono una vera e propria esibizione di riti: tutti ricordano i baffi che Gentile si fece crescere, con la promessa di tagliarli se la Nazionale fosse arrivata in semifinale, ma pochi sanno che Tardelli giocò la finale con una immagine sacra all’interno dei parastinchi.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo Alan Rough
Alan Rough

Il record della superstizione spetta però al portiere scozzese Alan Rough, che prima di entrare in campo eseguiva nell’ordine questi riti:
non radersi prima della gara;

– non dimenticare l’anello portachiavi a forma di cardo;
– portare in campo una vecchia pallina da tennis;
– mettersi in tasca una scarpetta da calcio in miniatura;
– portare una piccola maglia a forma di stella;
– usare sempre il gancio numero 13 negli spogliatoi;
– indossare la maglia numero 11 sotto la numero 1;
– far rimbalzare tre volte il pallone nel corridoio che porta al terreno di gioco;
– calciare il pallone nella rete vuota;
– soffiarsi il naso più volte possibile durante la gara.

Lo stesso portiere ammise a fine carriera che viveva nel terrore di scordarsi una parte del proprio rito.

La ripetizione di gesti scaramantici va di pari passo con l’ossessione per certi oggetti assurti dall’atleta stesso a talismano.

E se dunque Pelè, dopo aver regalato la sua maglia ad un tifoso, non riuscì a giocare bene e se la fece restituire a tutti i costi, Diego Armando Maradona ha stupito tutti con il suo rito propiziatorio al mondiale 2010: dopo la prima partita vinta, El Pibe de Oro, pretese di recarsi prima di ogni gara con la squadra a bordo campo, dove salutava i tifosi, scattava obbligatoriamente una foto con un componente dello staff delle delegazione argentina e infine telefonava alle due figlie Dalma e Giannina.

Rientrando negli spogliatoi, doveva ricevere da un suo assistente una copia della prima pagina del quotidiano che 24 anni prima celebrava il secondo titolo mondiale per la sua nazionale e solo allora poteva iniziare la gara. Che Dieguito seguiva rigorosamente con il rosario nella mano sinistra.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo  Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona

Anche tra i piloti non si scherza e certe tradizioni sono mantenute intatte da decenni. Ad esempio, nella numerazione delle macchine, si passa dalla coppia 11-12 alla coppia 14-15, saltando bellamente il numero 13.

Questo numero, secondo la tradizione anglosassone, porta sfortuna e sono ormai 36 anni che una vettura non ha “indosso” questa tabella. Ad utilizzare in precedenza questo numero sono stati solo tre piloti e nessuno dei tre ha avuto una gran fortuna, tra ritiri, incidenti e quant’altro.
“Non è che la superstizione aiuti a vincere le corse, ma contribuisce a farmi sentire meglio”. Queste sono le parole di Felipe Massa, abituato a usare le stesse mutande sia il sabato in qualifica, sia la domenica in gara, come Max Biaggi che indossa sempre lo stesso paio di slip ad ogni gara; c’è la medaglietta di San Cristoforo in una scarpa di Sebastian Vettel, mentre Niki Lauda aveva una monetina nei guanti.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo  Valentino Rossi
Valentino Rossi

Jean Alesi regalò a Jarno Trulli una collana d’aglio per aiutarlo a combattere la sfiga, mentre Robert Kubica è devoto alla madonna di Czestochowa.

Loris Capirossi sale sempre dal lato destro della moto, mentre Valentino Rossi, da sempre numero 46, ha l’abitudine di sistemarsi la tuta solo una volta partito dal suo garage e aggiunge anche un’attenzione particolare per il casco: non deve mai toccare il terreno, altrimenti potrebbe trascinare a terra anche la moto in gara. Il più pittoresco tra i motociclisti è stato però Marco Lucchinelli che nel 1981 vinse il mondiale 500 indossando sotto la tuta camicia e cravatta.

Nello sport, in qualsiasi sport, si può pianificare tutto, ma c’è sempre quel qualcosa capace di vanificare i nostri sforzi. Un imprevisto, una difficoltà, un non nulla che manda all’aria mesi di duro lavoro.

Ed allora ecco Valentina Vezzali che prima di ogni gara cerca sempre d’indossare qualcosa di rosso, ecco Rafa Nadal, che esige che le bottigliette d’acqua siano allineate e con le etichette rivolte verso il campo. E non solo: i calzini devono fuoriuscire dalle scarpe di esattamente 15 cm, con lo stemma dello sponsor parallelo al terreno.

Tiger Woods deve giocare sempre con la maglia rossa, David Beckham odia i numeri dispari e tutto dev’essere simmetrico, dai tatuaggi alle lattine nel frigorifero., mentre Stefania Belmondo ripeteva gli stessi esercizi fatti dopo la vittoria di una gara, indossando nuovamente vestiti, tute, scarpe e la stessa biancheria intima.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo Tiger Woods
Tiger Woods

Tornando ora agli sport americani con cui abbiamo iniziato questo racconto, la manifestazione più eclatante del subdolo potere della superstizione sportiva è sicuramente rappresentata dalla leggendaria “maledizione di Babe Ruth”. I Red Sox, franchigia del baseball che aveva vinto 5 delle prime 15 World Series della storia, dopo aver venduto il loro fuoriclasse Ruth agli Yankees nel 1919 dovettero attendere la bellezza di 86 anni per tornare a vincere un titolo (campioni nel 2004), mentre gli Yankees vinsero la cifra record di 26 campionati nello stesso periodo. Coincidenza o malocchio?

Anche l’hockey su ghiaccio (e qui ci ricolleghiamo finalmente con i ragazzi del Real) annovera le sue stranezze e scaramanzie. Patrick Roy, uno dei migliori portieri di tutti i tempi, si rifiutava di calpestare le linee rosse e blu del campo, preferendo ingannare il tempo durante il match parlando ai pali della porta. Celebre la sua intervista in cui dichiarò “I pali sono miei amici”.

Nel 1952 un tifoso gettò un polpo sul ghiaccio della pista di Detroit a pochi secondi dall’inizio della prima gara di playoff. Quell’anno la squadra ebbe bisogno di sole otto vittorie per conquistare la Stanley Cup e si credette dunque che i tentacoli del polpo avessero simboleggiato le vittorie necessarie al team.

Da allora, e ancora oggi, ogni volta che i Red Wings iniziano i playoff, non manca mai un polpo in campo.

Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo  Valentino Rossi Nhl Red Wings polpo
Superstizione e sport: ecco le scaramanzie ed i riti per vincere in campo Valentino Rossi Nhl Red Wings polpo

Proprio in NHL (la maggior lega di hockey nordamericana) ha avuto origine l’ormai diffusissima pratica (esportata nel football, nel basket e persino nel tennis, vedi Björn Borg) di non tagliarsi la barba durante i playoff. I giocatori di una squadra che raggiunge la post season smettono di tagliarsi la barba e possono radersi solamente in due occasioni: quando la squadra viene eliminata o quando la squadra vince la coppa.

Questa tradizione fu inaugurata abbastanza casualmente (si dice per motivi essenzialmente di mancanza di tempo) nel 1980 dai New York Islanders e divenne da subito rito scaramantico irrinunciabile, poi duplice monito per gli hockeysti di tutto il mondo: simbolo dell’unità del gruppo e promemoria dell’importanza della posta in palio sin dal primo sguardo nello specchio alla mattina.

Marco Parella

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Alessandro Maldera

Giornalista, ha collaborato per molti anni con testate giornalistiche nazional e locali. Dal 2014 è il fondatore di mole24. Inoltre è docente di corsi di comunicazione web & marketing per enti e aziende